Rousseau, Swiss Made

par Matthieu Gillabert

Matthieu Gillabert est historien et collaborateur au Domaine d’histoire contemporaine de l’Université de Fribourg. Après avoir défendu sa thèse sur la diplomatie culturelle suisse (Dans les coulisses de la diplomatie culturelle suisse, Alphil, 2013), il mène actuellement ses recherches sur les échanges culturels Est-Ouest pendant la guerre froide et sur les mobilités étudiantes francophones après 1945.
, Matthieu Gillabert is collaborator at the Domaine d’histoire contemporaine (University of Fribourg, Switzerland). His doctoral thesis was published under the title Dans les coulisses de la diplomatie culturelle suisse (Alphil, 2013) and he actually conducts some research on the East-West cultural exchanges during the Cold War and on the students’ mobility in the Francophonie after 1945.

litteratura
patrimoine
mémoire

Figura posta spesso in primo piano per rafforzare l’immagine di una Svizzera alpestre, di una Svizzera rifugio, di una Svizzera terra di libertà, di una Svizzera pedagogista, Rousseau è sovente strumentalizzato, rivisitato, “elvetizzato”, dalla diplomazia culturale svizzera. Le molteplici sfaccettature del filosofo sono utilizzate per esportare un’immagine positiva del paese.

Questa figura intellettuale si presta particolarmente bene a queste variazioni, avendo lui stesso rivendicato una certa “svizzertudine”, posizione marginale che assumeva anche quando partecipava ai dibattiti filosofici dell’Europa dei Lumi. Rousseau loda spesso un sistema politico svizzero idealizzato, la sua organizzazione politica a misura d’uomo e la prossimità tra i governanti e i governati. Le descrizioni dei paesaggi svizzeri, ad esempio quelli di Clarens nella Nouvelle Héloïse, “best-seller” del XVIII secolo, potrebbero analogamente essere considerati come un’esportazione di immagini positive del paese. In breve, che sia di poeta, di pedagogista, di musicista o di filosofo, la figura di Rousseau si adatta ai pubblici ambiti.

Dopo la Seconda Guerra mondiale si possono distinguere tre fasi successive dell’esportazione della figura di Rousseau da parte della diplomazia culturale svizzera:

- Dopo la guerra Rousseau rientra nell’immagine esportata di una Svizzera idilliaca. Ciò permette di dimostrare che la Svizzera si preoccupa della libertà e dell’educazione da diverse centinaia di anni: non è forse diventata la culla della pedagogia in seguito a Rousseau e Pestalozzi?

- L’anno 1962, battezzato dall’Ufficio nazionale svizzero del turismo “Anno di J.-J. Rousseau. Anno di ritorno alla natura. Anno della Svizzera”, rappresenta una svolta nella quale coabitano “due Rousseau”: l’uno elvetizzato, l’altro, nuovo, più universale, più indipendente dai paesaggi svizzeri. Per iniziativa di François Jost (1918-2001), il comitato d’organizzazione delle celebrazioni è composto dall’Ufficio nazionale svizzero del turismo, da Pro Helvetia, e dall’Ufficio del turismo della regione di Bienne. Quest’ultimo vorrebbe approfittare dell’occasione per valorizzare l’Isola di Saint-Pierre, dove Rousseau amava passeggiare. Discepolo fedele di Gonzague de Reynold, François Jost scrive questo studio sulla scia di un Rousseau elvetico: “I tratti fondamentali del carattere di Rousseau corrispondono a quelli del carattere nazionale svizzero”. L’obiettivo è di mostrare all’estero una Svizzera pioniera nell’importanza accordata alla natura, ma soprattutto d’aumentare la sua attrattiva turistica, come lo ricorda la seguente direttiva del comitato per il 250° anniversario: “È con Jean-Jacques Rousseau che le nostre montagne, fino ad allora considerate come degli ascessi nel nostro globo terrestre, hanno ritrovato la bellezza che oggi conosciamo, è a partire da Rousseau che la Svizzera è diventata un paradiso di villeggiatura”.

- Alcune crepe compaiono in questa rappresentazione. Il messaggio non è infatti più così univoco. All’editore Marcel Joray, che pubblica per l’occasione un piccolo opuscolo di François Jost, intitolato Notre Rousseau, il direttore di Pro Helvetia risponde: “Pro Helvetia non potrebbe appoggiare una brochure pubblicata con questo titolo, che rischia di renderci ridicoli agli occhi del pubblico estero. […] noi dobbiamo evitare ad ogni costo di voler monopolizzare la figura di J.-J. Rousseau nel corso dell’anno di Rousseau. Ci si potrebbe facilmente accusare di voler fare di questo scrittore un “monumento storico svizzero”.” Pro Helvetia prenderebbe così le distanze nei confronti di un’immagine politicamente e turisticamente corretta della Svizzera? Quest’immagine è in ogni caso seguita dal regista Claude Goretta e nel suo film “Jean-Jacques Rousseau ou l’énergie des rêves”. E analogamente dal critico letterario Jean Starobinski, la cui La transparence et l’obstacle contrasta con il Jean-Jacques Rousseau suisse di François Jost.

Ormai, le istituzioni ufficiali sostengono queste rappresentazioni contraddittorie: a volte strettamente legate alla Svizzera, a volte più distaccate. È il caso della rappresentazione ironica del filosofo al Padiglione svizzero dell’esposizione Hemisfair di San Antonio (1968): l’impianto è costituito da un uccello di metallo, poggiato su un cavo, che sorvola l’esposizione. Il volatile è guidato da Guglielmo Tell, munito di un cannocchiale, e che tiene tra le sue mani un cesto contenente Jean-Jacques Rousseau. L’idea è quella di mostrare una Svizzera in movimento che nel contempo porta con sé dei valori sicuri. Questa polifonia roussoiana sembra poter durare ancora oggi.

 

Archivi:

- AFS, E9510.6 1991/51/429.

Bibliografia:

- Kadelbach Thomas, «Swiss made – Pro Helvetia et l’image de la Suisse à l’étranger», in: Claude Hauser, Bruno Seger e Jakob Tanner, Entre culture et politique: Pro Helvetia de 1939 à 2009, Zurich/Genève, NZZ Verlag/Slatkine, 2010.

- Meizoz Jérôme, Le gueux philosophe, Lausanne, Antipodes, 2003.

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