A Mosca diplomatici e militanti dell’Associazione Svizzera-URSS si guardano di traverso

par Matthieu Gillabert

Matthieu Gillabert est historien et collaborateur au Domaine d’histoire contemporaine de l’Université de Fribourg. Après avoir défendu sa thèse sur la diplomatie culturelle suisse (Dans les coulisses de la diplomatie culturelle suisse, Alphil, 2013), il mène actuellement ses recherches sur les échanges culturels Est-Ouest pendant la guerre froide et sur les mobilités étudiantes francophones après 1945.
, Matthieu Gillabert is collaborator at the Domaine d’histoire contemporaine (University of Fribourg, Switzerland). His doctoral thesis was published under the title Dans les coulisses de la diplomatie culturelle suisse (Alphil, 2013) and he actually conducts some research on the East-West cultural exchanges during the Cold War and on the students’ mobility in the Francophonie after 1945.

relations diplomatiques
URSS
guerra fredda

Alla fine della Seconda Guerra mondiale l’Associazione Svizzera-URSS conosce un successo importante: tra la popolazione cresce la domanda per una ripresa delle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e la potenza vittoriosa di Stalingrado. L’avanzata dell’Armata Rossa sul fronte orientale è impressa nella memoria della popolazione e la fine della guerra lascia ancora sperare in una pace internazionale.

Nel 1944 viene fondata una prima associazione, la Società per la promozione e il mantenimento di relazioni normali tra la Svizzera e l’URSS (Gesellschaft zur Förderung und Pflege normaler Beziehungen zwischen der Schweiz und der Sowjetunion). Essa si organizza soprattutto attorno a una petizione diretta al Consiglio Federale per incoraggiarlo a riprendere le relazioni diplomatiche con un paese ormai fondamentale sulla scena internazionale. Il movimento riunisce allora delle personalità appartenenti a un ampio spettro politico. Il nocciolo duro è però costituito principalmente da artisti tedeschi emigrati, quali l’attrice Mathilde Danegger, da professori dell’Università di Basilea come Fritz Lieb ed Elsa Mahler, e dai membri del Partito del Lavoro.

Nel 1946 il governo deciderà di riprendere i contatti, non tanto per merito di questa petizione, quanto piuttosto per un calcolo diplomatico. Si tratta in questo caso di legittimare la neutralità rispettando l’universalismo delle relazioni internazionali del paese. Quattro anni più tardi lo stesso calcolo sarà fatto nei confronti della Cina.

Nell’aprile del 1945 quest’associazione diventa ufficialmente l’Associazione Svizzera-URSS (ASU) e conta 2'500 membri. In seguito alla ripresa delle relazioni diplomatiche molte personalità l’abbandonano: la guerra fredda riduce in effetti drasticamente le prospettive commerciali e culturali con l’URSS. A causa di queste partenze, la nuova associazione tende ormai chiaramente verso gli ambienti di sinistra vicini al Partito del Lavoro e all’organizzazione “Travail et Culture”. Ciò marginalizza le istanze della diplomazia culturale elvetica sebbene il suo presidente Fritz Lieb intrattenga de contatti regolari con Max Petitpierre.

Malgrado due riviste, in francese e in tedesco, dei congressi e delle manifestazioni regolari – molto spesso le serate delle sezioni locali sono organizzate attorno a un tema di discussione e chiuse da un film sovietico –, l’attività dell’associazione, presieduta negli anni Cinquanta dal pittore Paul Camenisch, viene ridotta. Tuttavia, restando in contatto con l’Ambasciata sovietica, essa permette alle relazioni tra la Svizzera e l’URSS di non interrompersi: diverse delegazioni di giornalisti, di medici, di donne, di operai approfittano di questi contatti per recarsi in URSS o per venire in Svizzera. Parallelamente, l’ASU sarà accusata di alimentare la “quinta colonna”, soprattutto in occasione delle manifestazioni anticomuniste del 1956, che fanno appello al boicottaggio delle relazioni culturali con l’Est.

Paradossalmente è proprio da questo momento che l’ASU guadagna visibilità, a mano a mano che gli scambi Est-Ovest si intensificano nel contesto di una coesistenza pacifica. A Mosca la VOKS (la Società per gli scambi culturali tra l’URSS e l’estero) vara delle riforme che portano il potere sovietico a creare, sotto gli auspici del Comitato di Stato per le relazioni culturali con l’estero, un’associazione gemella dell’ASU, l’Associazione URSS-Svizzera. A partire dal 1961 viene organizzata una riunione annuale a Mosca, solitamente all’Istituto Maxime Gorki, per firmare un “accordo culturale” tra le due associazioni, un documento diplomatico che la Confederazione rifiuta di sottoscrivere con qualsiasi paese.

Il Dipartimento politico si sente superato da un’associazione ufficiosa e politicamente sovversiva. L’ASU organizza ad esempio un’esposizione di libri a Mosca nel 1961 sul modello delle manifestazioni culturali ufficiali. Per poter osservare un miglioramento delle relazioni culturali ufficiali bisognerà aspettare l’esposizione d’architettura del 1968.

 

Archivi:

- Sozialarchiv, Zurich: Gesellschaft Schweiz-Sowjetunion Ar 23.

Bibliografia:

- Gillabert Matthieu, «L’Association Suisse-URSS dans la Guerre froide: quête de légitimité dans les relations culturelles», in Briegel Françoise, FarrÉ Sébastien, Rites, hiérarchies, Georg éditeur: Chêne-Bourg, 2010, p. 133-145.

medias

Association Suisse-URSS

Suisse-URSS: Affiche de Hans Erni, 1944. Bibliothèque de Genève, Département des affiches.

 

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