I registi e la Seconda Guerra mondiale
Fra la seconda metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta gli ambienti culturali e artistici prendono parte alle controversie attorno al ruolo della Svizzera durante la Seconda Guerra mondiale. Numerosi cineasti affrontano il passato e decostruiscono la versione ufficiale di una Svizzera neutrale e unita nella lotta contro i totalitarismi. In questo modo mettono in questione i principali pilastri dell'identità nazionale. Le loro produzioni si inseriscono in un contesto generale di intense discussioni sul passato recente della Svizzera, che culminerà durante gli anni Novanta con la polemica internazionale intorno ai fondi in giacenza.
Il potenziale demistificatorio del cinema si afferma per la prima volta nel 1976, quando Richard Dindo realizza, in collaborazione con lo scrittore Niklaus Meienberg, il film Die Erschiessung des Landesverräters Ernst S. Questo documentario rivela l'ipocrisia delle autorità che non esitano a processare i piccoli delinquenti, mentre tutte le forme di collaborazionismo ufficiale restano impunite. Scandalizzato, il Consiglio federale nega di accordare un premio di qualità al film e denuncia la manipolazione degli spettatori.
Seguendo la via aperta da Dindo, all'inizio degli anni Ottanta il regista Markus Imhoof dedica un film al capitolo più buio della politica svizzera di asilo, quella dell'espulsione di migliaia di profughi ebrei durante la Seconda Guerra mondiale. Intitolato La Barca è piena, il film infrange il mito di una Svizzera umanitaria e descrive in modo sottile la xenofobia latente nella società elvetica.
Nel 1983, Thomas Koerfer inserisce nel suo film Glut la questione della fornitura di armi al Terzo Reich da parte di industriali svizzeri. Stabilendo un legame diretto col presente, questo film denuncia il militarismo e gli stretti legami esistenti in Svizzera tra le autorità e le industrie di armamenti.
Il sostegno di Pro Helvetia alla creazione contemporanea si traduce, in campo cinematografico, nell'esportazione dei dibattiti sull'immagine tradizionale della Svizzera. Sin dalla fine degli anni Sessanta la Fondazione si serve delle settimane del cinema svizzero per far conoscere all'estero le produzioni più recenti dei registi elvetici. Nella maggior parte dei casi rientrano nel programma di queste manifestazioni anche film incentrati sul ruolo della Svizzera durante la Seconda Guerra mondiale. Per questa ragione le settimane del cinema suscitano spesso le critiche degli ambienti diplomatici e degli svizzeri all'estero che si preoccupano dell'impatto di questa immagine veicolata da film sinistroidi
. Nel 1997 scoppia una vera e propria polemica quando Pro Helvetia presenta negli Stati Uniti il progetto World War II – and Switzerland?, che propone una rassegna di film sul ruolo della Svizzera durante la Seconda Guerra mondiale. Questa iniziativa suscita un moto di protesta in patria, tanto più che il paese è sommerso dalle critiche internazionali. (tk)
Bibliografia
Bühler, Rahel : Pro ou Contra Helvetia ? La Fondation pour la culture dans les médias suisses, in : Hauser, Claude ; Seger, Bruno ; Tanner, Jakob : Entre culture et politique. Pro Helvetia de 1939 à 2009, Zurich, NZZ Libro, Genève, Slatkine 2010, pp. 187-217.
Schaub, Martin : L’usage de la liberté : le nouveau cinéma suisse 1964-1984, L’Age d’Homme, Lausanne 1985
Pithon, Rémy : Le mythe de la frontière dans le cinéma suisse (1930-1990), in : Cinéma suisse: nouvelles approches. Histoire, esthétique, critique, thèmes, matériaux, Lausanne, Editions Payot 2000, pp. 235-243